Come affrontare i sensi di colpa?
Una celebre frase di Sir Walter Scott recita così: “Il processo si svolge con rapidità quando il giudice ha già fissato la sentenza”. Questo, aggiungo io, avviene ancora più in fretta quando giudice e imputato sono la stessa persona, noi! Quante volte ci capita di indossare i panni del giudice severo, rigido, inflessibile, verso noi stessi? Quante volte il senso di colpa ci imprigiona in una gabbia mentale, ci mette alla sbarra e ci processa senza diritto di appello? Nessun avvocato che tenga, neanche il più brillante del foro, potrà salvarci da quella condanna. In fondo non ne abbiamo diritto, gli altri forse sì, ma noi no, non ce lo meritiamo. Le nostre colpe sorpassano i limiti del perdono e della pietà umana. Forse neanche Dio, nel momento del giudizio universale, potrebbe perdonarci. E se non lo fa lui, che diritto ho di farlo io?
Proviamo a riflettere sul significato del senso di colpa. Si tratta di un’emozione, e come tale a volte ci aiuta. Ci segnala quando facciamo qualcosa di sbagliato e guida il nostro comportamento. Dunque possiamo distinguere un senso di colpa “buono” che ci permette di apprendere, e un senso di colpa “cattivo” che crea sofferenza e pensieri negativi (i rimuginii). Che conseguenze hanno i sensi di colpa su di noi, sulle nostre azioni? Come affrontarli?
– Riconosciamo quando ci sentiamo in colpa
– Rivalutiamo la situazione, “il mio errore è davvero così grave?” “cosa avrei potuto fare di diverso?”
– Anche ammesso di aver sbagliato, questo mi dimostra che io sono una persona indegna e cattiva?
– Proviamo a immaginare di vedere quella situazione come fossimo il regista di un film. Un occhio esterno come mi giudicherebbe?
– E se quella stessa situazione fosse accaduta ad una persona che stimo, quanto la riterrei colpevole? Sarei sempre un giudice severo e rigido?
– Accettiamo il senso di colpa e la nostra imperfezione, anche i nostri errori, perdoniamoci. Se si tratta effettivamente di un errore potremmo dirci “la prossima volta farà maggiore attenzione”, oppure se si tratta solo di un nostra credenza es “non ho pulito la casa come dovrei/non ho ascoltato mio figlio come dovevo/ho messo i miei bisogni davanti a quelli degli altri…” in questo caso impariamo a capire che questi pensieri, che spesso rispecchiano un retaggio culturale e una storia di vita colpevolizzante e giudicante, ci intrappolano, aumentano i nostri sensi di colpa e con essi anche la comparsa di altre emozioni negative, come la tristezza, la rabbia, la vergogna.
Prima di giudicarci fermiamoci a riflettere: cosa direbbe il nostro avvocato difensore? Tutti abbiamo diritto ad averne uno, anche un avvocato d’ufficio. Non ce lo dimentichiamo.